Milano
Milano è un tiro velocissimo. Un gancio sempre teso verso il futuro che negli ultimi anni ha iniziato a tingersi e colorarsi di umori positivi, civiltà e modernità. Un non-luogo che risponde a un dato immaginario, ma sorprende rompendo ogni stereotipo. Mi aveva colpito un intervento del Sindaco Beppe Sala di qualche anno fa, ricordo che parlando della città disse: “Milano è abitata da persone che stanno qui oppure si trasferiscono all’estero, per cui deve confrontarsi con le maggiori città europee”.
Milano è così: una città raccolta e imperfetta che si comporta come un colosso. Tiene l’asticella alta e si gode tutta la strada delle possibilità, perché ha l’attitudine e l’entusiasmo di chi ama la vita e non perde mai tempo. Perché non ha paura di cambiare. Perché non ha paura del futuro.
Questa città e le sue naturali controversie mi hanno educato negli anni alla risolutezza, tra la filosofia del pensiero e la realtà c’è quello che sei in grado di mettere a fuoco con chiarezza, imparare e fare. Chi vuol far troppo, spesso, finisce a non combinare nulla. Milano mi ha insegnato questa cosa qui.
C’è una sola cosa che ho lentamente imparato a mettere da parte, invece, ed è che questa stessa tensione al progresso qualche volta può scollarti dalla realtà. Milano è una città pilota, sopratutto in questo momento storico in Italia, si fa portatrice di innovazione e spinge, fortissimo, sempre.
Questa spinta, nella sua peggiore versione, diventa una pressione verso il primato: sapere sempre qualcosa in più, arrivare sempre prima degli altri, avere l’ennesima promozione, lavorare sempre quell’ora in più, avere la battuta migliore, essere comunque sempre un passo avanti come se questo fosse garanzia di una maggiore felicità. Senza mollare, mai. Ecco, vorrei qualcuno riconoscesse il diritto a non essere campioni e che più spesso fosse esaltato il valore della normalità, l’importanza della noia.
La gratitudine
La cosa su cui ho dovuto lavorare più di me stessa, è la vulnerabilità. Non è (solo) una questione di voler avere risposte, trovare soluzioni, riuscire negli intenti, fare bene e far funzionare le cose. È piuttosto fare pace con se stessi e imparare a scegliere. Scendere a patti con la verità, scoprirsi e volersi bene per quello che si è. Non funzioneremo in tutto e continueremo a fallire, ma se ci liberiamo dalla paura di perdere e ci ascoltiamo di più, potremmo finire ad esser grati anche per i momenti, i giorni, le settimane “no”.
La vera grandezza sta nel prendersi poco sul serio e l’ironia, che mi ha salvato in tantissime occasioni finora, è un incredibile strumento di conoscenza delle persone e scoperta del mondo. Faccio ridere, in poche parole. Anche nelle situazioni peggiori. Sopratutto nelle situazioni peggiori: c’è sempre una battuta (perché le migliori ti vengono sempre nei momenti di merda) che sposta le misure e ridicolizza il senso della disperazione fino a inibirla. Come una sciura milanese a Natale con tanto di pelliccia, ma senza cotonatura: sgonfia.
I progetti
Non ho chiaro cosa aspettarmi dal futuro e me lo chiedo molto meno che in passato. So bene di cosa è fatto il mio presente, cosa vorrei tenere, alimentare, nutrire e cosa pian piano lasciar scorrere via. Di tutta questa energia che oggi sento brulicare tra le mani, vorrei fare qualcosa di buono, cercando di non disperderne (che è la parte più difficile per me che faccio un po’ fatica negli inizi), ma piuttosto raccogliendo il valore che incontro. Ho imparato che senza gli altri valgo meno e resto più ignorante. Ho imparato che senza studiare ci si meraviglia meno, si resta indietro. Ho imparato che vendersi è sciocco, esporsi può essere più o meno utile, ma metterci la faccia è fondamentale.
Il lavoro
Negli ultimi 10 anni non ho mai smesso di muovermi e il percorso di trasformazione e crescita che ho vissuto nel lavoro si è delineato in modo spontaneo. Non ho vissuto particolari forzature o grandi strappi, eppure ho fatto tante cose diverse per arrivare ad occuparmi di comunicazione e strategia corporate dopo anni di social media e comunicazione digitale. La comunicazione per me oggi è sopratutto gestione e produzione di contenuto ed è una passione, l’ho studiata con curiosità e mi entusiasma ancora. Credo che il il file rouge sia sempre stato questo e che l’incontro con colleghi molto capaci e capi di grande visione e intelligenza, mi abbiano reso la persona che oggi sono nella mia professione: mi muovo alla ricerca della prossima questione da scoprire e provo sempre ad accendere la testa. Nulla è mai stato polarizzato: facile o difficile, bello o brutto a prescindere. Tutto è stato una possibilità per acquisire un nuovo pezzetto di conoscenza ed esperienza. Tutto è un’occasione per nuovi incontri. Non tutto, sempre, può valerne la pena.
Difficilmente mi affido a chi si riempie la vita di solo lavoro, così come difficilmente mi affido a chi non trova nella vita dei motivi di ispirazione per il proprio lavoro.