28-06-2013
h: 02.10
“Non so bene da dove iniziare ma il finale è che ti voglio bene. Il punto essenziale però, è ciò che sta in mezzo e proprio lì c’è un mondo. Un mondo che colori con i tuoi occhi e accarezzi con le tue dita. Di cammino ne hai fatto tanto e tutto in salita. Hai vissuto finora una vita piena, che certe cose te le saresti risparmiate, ma se hanno contribuito a darti la luce che hai, beh, teniamocele strette! Hai riso tanto, hai dubitato e affermato. Hai retto e ceduto, hai ironizzato, ballato e stretto i denti. Non si trovano in giro persone così piene di vita. Non se ne trovano di così piene d’amore. Quindi ora, vorrei solo che ti unissi al mio plauso per te. Perché te lo meriti proprio e soprattutto, perché mi aspetto che tu faccia qualsiasi cosa per essere felice!
Auguri.
Silvana”
Ho compiuto 29 anni. Sabato scorso. Mia madre direbbe che ne ho 59. Ma lei non conta, è una donna che mixa ironia, sarcasmo e verità con inconsapevole ingegno. E in casa Esposito mi è stata attribuita la funzione di saggia e matura, leggi: vecchia.
Ventinoveanniequattrogiorni per l’esattezza.
(mamma, segna)
Un compleanno scivolato via tra gli altri giorni, perché ammetto di non viverlo con particolare esaltazione. Mi aspetto sempre che sia una grande giornata, faccio di tutto perché lo sia per davvero, spero di essere sorpresa da grandi e geniali trovate delle persone che mi vogliono bene. Ma non sono una grande appassionata di feste, celebrazioni, torte e candeline.
“Sono una da seconda fila, io”. Ho detto una volta, parlando con un “conoscente” alle 3 di notte, al telefono. Ed è in questi casi che diventa vero, nelle situazioni di protagonismo puro.
C’è un momento che ritorna sempre al mio compleanno, però, che adoro e che si ripete da un po’ a questa parte. Quel momento in cui registro intimamente la mia nuova età e salto il limite dell’anno vecchio, entrando in quello nuovo. Il tempo di un passo, d’un batter di ciglia.
Mi son ritrovata a piangere istericamente nella notte, in passato, a sognare risvegli magici, ad aspettare solo la mattina e basta, a guardare fuori dalla finestra in silenzio, serena. E’ poco prima che arrivi la mia nuova mezza notte, quella che segna lo sfiorire del 27 e l’arrivo del 28 di giugno, che mi accade di ragionare sulle cose più impensate.
Quest’anno ho guardato il soffitto bianco su di me, poco prima di chiudere gli occhi e ho esclamato ad alta voce (vedo troppi film, lo so): “Cavolo, ho 29 anni. Non avrei mai creduto di poterci mettere dentro così tante cose, in questi 29 anni”.
L’indomani, tra i messaggi in entrata, trovo quello di Silvana (che il primo messaggio ce lo saremo inviate circa 15 anni fa e ancora troviamo cose da raccontarci mentre cantiamo a squarciagola e ridiamo con le lacrime, con grande compostezza, tra l’altro).
Le sue parole inchiodavano lo stato d’animo di quello sbatter di ciglia. Non appena ritornavo a ritirarle verso l’alto.
Non mi sono mai chiesta se rifarei tutto quello che ho fatto finora, in realtà, perché non mi interessa affatto. Mi basta sapere d’esser stata sempre motivata a far le cose nel momento in cui ero lì, in quel preciso angolo di vita. Mi piace anche molto l’idea di aver fatto diversi passi falsi, d’aver desiderato di tornare indietro, di muovermi in contro tempo, qualche volta. Altrimenti di noia sarei potuta appassire molto prima dei 29.
E’ che io guardo sempre avanti, “devo” sempre riempire il tempo di tante cose interessanti, persone stimolanti, storie affascinanti. Poi mi fermo e raccolgo il gruzzoletto di tutto quello che ho assorbito* per rimetterlo, infine, nuovamente in circolo.
E tante esperienze, ho pensato davvero in alcuni momenti, me le sarei risparmiate. Completamente. Proprio a tornare indietro e rifare tutta la giornata da capo: “Rifacciamo sorgere il sole, rimettiamo tutto in ordine com’era fino a ieri. Dammi un altro ciak che ora son pronta per davvero, stavolta la faccio giusta”.
O ancora meglio: “Dì al regista che questa la tagliamo proprio!”.
E poi, puff, sbatto le ciglia, poco prima che il 28 giugno 2013 entri dalla porta della camera da letto e penso che tutto quello che non mi sono risparmiata mi ha portato qui nel modo in cui ci sto oggi, che solo qualche anno fa non avrei capito nulla del senso di questa felicità, non avrei mai potuto essere chi sono ora, nel modo in cui lo sono. Ora. Non avrei visto nulla della ricchezza per cui oggi mi sento fortunata. O quasi nulla.
Come se tutto quello che avrei potuto risparmiare alla mia vita finora, stesse in realtà ritoccando il modello perché, seppure non ultimato, fosse adattato a ciò che era già in arrivo.
Forse, mi stava solo portando a quel soffitto.
* lo so che l’immagine non è particolarmente romantica, ma funziona tendenzialmente come per i “pappici” di polvere. Non vedi i granelli accumularsi, poi all’improvviso ne hai un bel cumulo e puoi raccoglierlo.