Il provincialismo è quella cosa per cui non importa esattamente chi sei, importa solo quanto tu sia capace di giustificare le tue scelte.
Come vivi, che lavoro scegli, quanto spesso esci e chi frequenti o quanto poco esci e chi non frequenti. Ma anche di più: quanto e cosa mangi, di chi ti innamori, se ami fare sport, se ami leggere, che progetti fai per il tuo futuro.
Se ami passeggiare.
Chi vuole passeggiare quando si può andare in giro in macchina?
DEVE esserci qualcosa di strano.
Io ho imparato a riconoscere il provincialismo in provincia, dove sono cresciuta. È una delle specifiche caratteristiche di zona, una delle prime nella categoria “limiti”, contrapposta alla categoria “profumi e sapori di casa”. Ma il provincialismo può trovarsi ovunque ci sia un gruppo, una comunità, un insieme di persone associate dalla stessa rete di riferimento (relazionale o professionale).
Il provincialismo è quella cosa che distrae le persone dal conoscere davvero le altre persone, dal domandarsi chi sono e cosa gli piace, ad esempio. Spegne la curiosità e lascia prevalere il pregiudizio. Sostituisce la tendenza a comprendere con la tendenza a criticare e questo, nel lungo termine, inaridisce le relazioni e isola gli individui. E più gli individui si isolano, minore sarà la loro capacità di imparare dagli altri e scoprire possibilità ed opportunità che da soli non si è in grado di creare o nemmeno di vedere.
Più si lascia prevalere il provincialismo, più si rischia di rimanere nascosti dietro il proprio naso, senza riuscire a guardare oltre.
Ma anche meno: a liberarsi di certi pregiudizi, si crea spazio per tante altre cose, potenzialmente tutte interessanti.