“Mi dispiace. Certe cose sono importanti, ma credo che dobbiamo riuscire a non lasciarci vincolare. Pagando a pegno il dolce dolore della separazione. Siamo uomini di mare. Sappiamo che ogni porto ci accoglie, ma solo tra un viaggio e l’altro. I nomadi del mare asciugano al vento le lacrime, lo stesso vento che gonfia la vela allontanandoci da casa.”
– Scriveva lui, mentre lei pensava a tutto quello che stava per cambiare nella sua vita. –
Dalla fine dell’anno ad ora, è stato tutto col fiato sospeso. Sempre in movimento, si, ma senza respirare. Non saprei come altro iniziare un percorso nuovo, d’altronde, se non mettendo in fila un passo dietro l’altro per provare a capire ogni giorno, il senso di quel giorno. Molte risposte arrivano a posteriori e l’unica possibilità che resta è seguire l’istinto e rimanere agili nella gestione delle ore che passano.
Così il mio gennaio, chiusura e inizio, possibilità e responsabilità insieme, mi tiene desta all’ascolto di una vita che tenta di dirmi qualcosa e che s’aspetta che io sia pronta a rispondere, o quantomeno ad ascoltare attenta.
Perché lei è così, sa quando offrirti le tue possibilità, non dimentica mai di chiederti una certa moneta di scambio, ma spesso finisce per insegnarti qualcosa. Ed è per questo che le risposte arrivano sempre dopo.
Quando credi non ti servano più. Per cambiarti, che è l’unica cosa a cui le risposte servono davvero.
“E’ come un oceano largo, largo da navigare senza carta. Ma con una buona bussola.”
– Concludeva lui, scrivendole. Lei sapeva di essere pronta. –