“Non sa più urlare. Ascolta silenziosa, con gli occhi spalancati sul mondo. Fioca la voce, ma loro no, mai stanchi di guardare, scoprire, capire.”
L’affanno è forte, la paura anticipa ogni passo, ma camminiamo. Sempre. Restiamo attaccate ad ogni alito di vita. Tendiamo a quello che ci circonda nei tanti modi che possiamo.
Attaccate ad ogni odore, allo sguardo buono di un passante, al sorriso generoso di un amico. Al momento, breve, in cui ci sembra possa esserci una mano tesa a sfiorare le nostre dita allungate.
Sempre in fuga dalla paura di non bastarsi. Di non trovare negli occhi, puntati su di noi, la commozione di chi guarda attonito qualcosa di imperfetto: così tanto imperfetto da non poter essere ugualmente riproducibile nella piccolezza, effimera e vuota, offerta in ogni vetrina, ogni giorno.
Pronte all’onda capace di spingerci a fondo, al raggio di sole capace di scaldarci le spalle. Piegate su un corpo freddo. Con tutto il sentire possibile.
Con la tensione di chi si lascia pesare nel vuoto di ogni possibilità temendo di svelarsi, eppur stringe. Stringe la vita fino al rischio di strizzarne via tutto ciò che sa di vero.
Aggrappate a chi non sa rispondere.
Se mai un alito di infinito esiste, quello è nella voce con cui riusciamo a pregare la vita di rispondere con altrettanta forza, di stringere con altrettanta tenacia.
“Silenziosa e vigorosa. Nell’abbraccio di chi ha tutto l’amore da dare. E non sa più urlare.”
Moka e Coraggio 