Ho parlato ore al telefono con una di quelle amiche così vere che ogni tanto mi chiedo se io c’ero prima che ci fosse lei. A raccontarsi le cazzate, e poi le cose importanti, ad ascoltarsi cucinare.
Ho bevuto un bicchiere con quelle colleghe che non vedevo da mesi e le ho ascoltate ridere alle battute sulla mia vita buffa che poi se gli altri ridono si sentono utili anche quelli buffi.
Ho visto una coppia di amici amarsi fino a sposarsi in una sala di ori e specchi, con le guance bagnate e gli occhi adulti.
Le persone ti cadono addosso come la pioggia, ci inciampi dentro negli angoli sparuti quel giorno in cui hai sbagliato strada. Ti giri a guardarne solo alcune, che tante volte sei distratto, annoiato, indaffarato, stanco. Rimani a guardarne anche meno: quelle che non smettono di pioverti dentro. Quelle che ti si incollano negli occhi, che ti si appiccicano alla vita, che vorresti sotto la pelle, con cui puoi addormentarti sul divano, con le musiche giuste, con le battute insolenti, con le risate forti, quelle sincere che ti stravolgono la libertà così precisamente che pare tutto al suo posto.
Le persone ti scandiscono la vita, come la barista a cui riservi il buon giorno o quella che ti versa l’ultima birra prima di tornare a casa. Te la cuciono addosso la vita, ti dicono chi sei e chi non sarai mai. Di tutto quello che puoi avere e perdere, le persone sono delle occasioni uniche. Le sole in cui puoi perderti e cambiare, le sole che non dovresti mettere nella scatola delle cose usate, a scadere. Che altrimenti si tengono un pezzo di te e dei tuoi segreti a sbiadire, mentre dovresti tenertele scritte nelle rughe della faccia le tue persone, nei versi delle canzoni che passa la radio in macchina, nei dettagli imperfetti che hai mal sopportato di ognuna e che quindi hai esattamente coniato tra i tuoi.
Ho preso di nuovo la pioggia tornando a casa stasera, bagnata e con la faccia piena di rughe.
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