Ho visto donne saltare ostacoli in corsa per sentirsi degne di uno sguardo, di un’attenzione, di un certo amore.
Ho ascoltato ragazze raccontarmi quanto ci si può sentire inadeguate di fronte un’aspettativa. Tagliare i capelli, guardare il film giusto di cui parlare, andare al concerto della stagione. Solo per essere la persona giusta, di qualcun’altro.
Non c’è una donna più donna di un’altra, un sorriso più sorridente, un argomento più sagace, una tenerezza più tenera. Non c’è un modo d’essere giusto, per sentirsi all’altezza di qualcosa. Di qualcuno. Non c’è un colloquio da superare. Non c’è un pedigree da mostrare.
Non c’è riccio o biondo che tenga.
Ci sarà un modo di stare nelle cose insieme, di ragionare sul mondo fino a sventrarlo, per poterne ridere insieme e potersi urlare contro tutta l’energia che la vita ci mette nelle mani, a tratti. Ci sarà un modo di prendere in giro gli eventi, scontrarsi e ritrovarsi, oltre la sensazione che il momento non sia quello buono. Di tenersi in piedi quando le gambe sembrano troppo deboli. C’è sempre un momento in cui riconosci qualcosa e sai che non è perfetta, e forse è complicata, ma la riconosci esattamente com’è, perché non è nella perfezione che sta la possiblità.
Sta in una frase detta finché non ti si spezza il fiato, nell’amore sentito che hai paura ad urlare e sciupare, in un naso storto, nei capelli fuori posti, in un gesto scomposto, in una smorfia di stanchezza. Nelle carezze prima di dirsi ciao, nella paura di ferirsi e poi allargare le ferite e metterci dentro tutta la forza che ti tiene in piedi ancora e ancora.
La possibilità sta nelle partite perse, ma giocate fino in fondo. Nelle linee imperfette di un corpo reale, nelle rughe di due occhi sorridenti, nella libertà di potersi dire qualunque cosa sapendo che non sarà usata contro di te, nel desiderio di spegnere la luce, di non chiudere la porta, di non salutarsi, di ritrovarsi ancora.